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lunedì 11 febbraio 2013

Tutti i colori di Joel Meyerowitz


Ci sono degli incontri che cambiano il tuo punto di vista, e l'artista che ho conosciuto alla Maison Européenne de la Photographie non potrà negarlo. 
Prendete Edward Hopper, regalategli una macchina fotografica, fategli conoscere Elliott Erwitt ed otterrete Joel Meyerowitz.


Nato nel Bronx alla fine degli anni 30, Meyerowitz cominciò a condurre una vita da pubblicitario nella NY degli anni 60 quando gli capitò tra le mani un servizio fotografico ritraente due studentesse: si trattava del grande Robert Frank.
"Allora non sapevo assolutamente chi fosse, ma in un attimo mi resi conto di non ave mai visto nessuno muoversi e utilizzare una fotocamera in quel modo!" ricorda ancora adesso.

Dopo aver mollato il lavoro, a 26 anni Meyerowitz si butta nel campo della fotografia, senza mai essersene interessato prima. 
"Tutto ciò che volevo era trovarmi nelle strade di new York(...)caricai una pellicola a colori senza chiedermi se ci fosse qualche altra alternativa e uscii..." 
Questa spontaneità e innocenza gli permettono di sperimentare il colore in un' epoca dove esso non era ancora un fatto scontato. 


"Si pensava che il colore fosse troppo commerciale, o che fosse un fatto riguardante solo i dilettanti, oppure che fosse anche quasi impossibile sviluppare foto a colori da soli nella propria camera oscura."
Per le strade, davanti ai suoi occhi, il gesto o la scena di vita più banale diventano dei potenziali istanti da fissare con poesia ed ironia. 

A metà anni 60, un lungo viaggio in Europa (Parigi compresa) segnano una svolta importante nella sua carriera. Meyerowitz comincia a sperimentare portando con sé due macchine fotografiche: una a colori ed una in bianco e nero, riprendendo la stessa scena due volte, con due "occhi" diversi.  




Da allora in poi, sposerà definitivamente il colore per catturare "l'istante decisivo" con una 35 mm, che gli rivelerà tutta la bellezza del reale.
Con il passare del tempo poi lo street photographer Newyorkese estenderà il suo campo di azione ai paesaggi e alle architetture locali, come ai perfetti sconosciuti che si offrono per esser catturati dalle sue fotocamere. 


La retrospettiva della MEP presenta un intero excursus della sua carriera artistica, dal bianco e nero, alla toccante campagna fotografica sulle rovine del World Trade Center. 


"Manteniamo ricordi a colori, tanto quanto delle percezioni olfattive. Essi evocano sensazioni, e a partire dal loro riconoscimento ne elaboriamo un personale vocabolario di risposte ai colori. Chi sa veramente perché scegliamo i colori nei quali viviamo, o perché un colore ci rilassa, mentre altri ci irritano?" 

Solo una cosa è certa, con Joel Meyerowitz la "Vie en rose" ha molte più tonalità.

M.B.

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