cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

martedì 12 marzo 2013

Marjane Satrapi - Peintures


In un sabato pomeriggio troppo caldo per il marzo Parigino, mi dirigo verso Miromesnil, nell'ottavo arrondissement, a due passi dagli Champs-Elysées. 
Uscendo dall'omonima fermata lungo la linea 9 della Métro mi ritrovo subito davanti alla galleria "Jérôme de Noirmont", circondata da tante altre esposizioni d'arte private, sparse come il prezzemolo fino a Marais.


La De Noirmont in questi giorni ha l'onore di ospitare la prima personale di un'artista unica nel suo genere come Marjane Satrapi, e la curiosità è troppo forte per poter perdere una simile occasione. 

Probabilmente, citando il film d'animazione "Persepolis", il nome di Marjane Satrapi potrebbe dirvi qualcosa di più. Non senza vergogna, ammetto che la mia conoscenza di tale disegnatrice (o pittrice?) è limitata a questo lungometraggio: un piccolo capolavoro, che con la delicatezza del cartone animato ha avvicinato il mondo europeo all'enorme questione della vita femminile nei paesi arabi. 

Nata a Teheran nel 1969, la Satrapi ha vissuto gli anni della rivoluzione islamica e della guerra all'Iraq, prima di abbandonare il paese a soli quattordici anni senza famiglia, soggiornando Vienna, poi Strasburgo e stabilendosi poi a Parigi. 
La pittrice deve molto della sua formazione artistica ad una lontana zia, che fuggendo da un matrimonio combinato, andò ad abitare in Svizzera per studiare pittura. L'allora giovane Marjane passò buona parte della sua infanzia con l'"Ammeh Suisse", disegnando su ogni supporto possibile e sulle mura della sua casa, fino a quando un cancro non decise di portarsi via l'amata zia. 

Satrapi la ricorda così in un'intervista:

"...poco prima di morire mi domandò di vedermi, avevo solo sei anni e la incontrai nella sua camera d'ospedale(...). Ero spaventata dal suo aspetto pallido e malato, ma mi feci coraggio. Al suo fianco aveva un piatto di pollo e carote al vapore, ne aveva mangiato la metà, mi ordinò di mangiarne il resto, non potevo rifiutare(...). Poi mi guardò e disse: "Tra poco morirò e il mio spirito entrerà nel tuo corpo". Attese qualche secondo per poi confessarmi: "Vista la forma della tua fronte, forse sarai una pittrice, forse una scrittrice, forse tutte e due."
Avevamo la fronte uguale e qualche giorno più tardi morì.
Da allora ho vissuto con il suo spirito in me e come una tragedia greca ho avuto il destino segnato: ero condannata a fare la scrittrice o la pittrice, ed è quello che ho fatto per il resto della mia vita." 

In effetti Marjane Satrapi nella sua vita ha scritto molto, se pensiamo che anche il fumetto è in sé una scrittura: il disegno del fumetto non descrive il proposito ma ne è complementare. Con questo linguaggio è arrivato poi il già citato "Persepolis", che da semplice vignetta è diventato pellicola, raccontando storie oltre gli immaginari attori.


Pochi(me compreso) lo sanno, ma l'artista iraniana ha anche dipinto, e non poco. Quella di Parigi è la prima mostra in assoluto dedicata ai suoi quadri: prima di essa, la Satrapi non si è mai sentita abbastanza pronta per esporli ed il contatto con la De Noirmont è arrivato grazie all’amica video-artista Shirin Neshat.

"Ero nata in un periodo che la pittura era già defunta, non volevo fare dell'arte morta! E poi ho scoperto che tutte le forme d'espressione artistica, dalla scultura alla musica, erano già morte, persino il cinema. Si può per esempio, tentare di fare del cinema, dopo Orson Welles?"



La galleria ospita 21 tele inedite, realizzate tra il 2009 e il 2012, divise in dodici ritratti, sei in coppia e tre ritratti di famiglia: tutti volti di donne nei quali ritroviamo i “profili autobiografici” delle strisce di Persepolis.
Una pittura minimale, basata su una tavolozza di colori primari e forme talmente basilari da evocare Mondrian. Un mondo drammatico e fantasioso quello di Marjane Satrapi, dove però le sue donne ritrovano la femminilità perduta di una Teheran che non c'è più. Spesso sono i capelli neri o il colore dei vestiti a costruirne la figura, ornata di pochissimi dettagli: una tazza fumante, oppure una sigaretta con un libro. 


Un tempo silenzioso e sospeso avvolge queste donne, che ad eccezione dei ritratti di famiglia, mai guardano lo spettatore, ma i loro occhi vanno oltre: cosa mai staranno osservando?
Ma come disse Diderot: "Quando si scrive, serve scrivere tutto? E quando si dipinge serve dipingere tutto? Suvvia! Lasciate qualche cosa in sospeso per la mia immaginazione!"

Queste poche righe della Satrapi riassumono al meglio l'essenza delle sue opere: 

"Morta o viva, amo la pittura e provo sempre piacere nell'esplorarla. Si tenta spesso di spiegare che un poeta ha detto una tal cosa in mille parole, dimenticando forse che il poeta era semplicemente ubriaco. 
Le mie ragioni per dipingere sono le stesse del pittore ubriaco. 

Dipingo donne, ma non per una lotta femminista, non sia mai! 
Dipingo per gli stessi motivi di Modigliani o Gauguin.

Ho ritratto spesso mia madre, la mia zia, ed altre cugine delle quali non ho che vaghi ricordi. Quelli che mi hanno aiutato a crescere. E' la mia ricerca del tempo perduto."


Un breve ma intensissimo percorso artistico quello alla galleria "Jérôme de Noirmont", che da questa insolita Parigi mi ha permesso di vedere oltre il velo nero dell'Iran contemporaneo.


M.B.

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